SORIANO NEL CIMINO – Secondo incontro pubblico sulla campagna di scavi che sta interessando la zona alta della Faggeta, dove sono state trovate tracce di un abitato risalente all’Età del bronzo.
All’incontro con la stampa erano presenti il sindaco, Fabio Menicacci, il docente universario Andrea Cardarelli, della Sapienza, e le responsabili della Sovrintendenza dell’Etruria Meridionale, Laura Derme e Flavia Trucco (guarda la photogallery).
“Da quando guido questa amministrazione – segue e sono soddisfatto di questo lavoro. Abbiamo pensato anche agli spazi espositivi che potranno accogliere reperti e pannelli esplicativi del sito, nelle vecchie cantine del palazzo comunale. Stiamo pensato ad una riqualificazione totale di Soriano: Castello Orsini è entrato nel progetto Dimore d’Italia; la Faggeta dovrebbe entrare tra i beni protetti dall’Unesco, insieme agli altri sette boschi; pensiamo alla sistemazione della Torre di Chia, cara a Pasolini e ci stiamo battendo per inserire Palazzo Chigi tra i luoghi del cuore del Fai, che potrebbe portarci i fondi necessari per salvarlo”. Un importante impegno dell’amministrazione, apprezzata dai tecnici presenti.
“E’ bene capire il legame tra questi boschi e gli apparati archeologici – ha aggiunto Laura Derme – ma per andare avanti abbiamo bisogno di fondi, sicuramente saranno ben accetti quelli dei privati”.
La campagna di scavi che si svolge ogni anno con gli studenti della cattedra di Protostoria, con un finanziamento irrisorio, solo 10mila euro. Niente se paragonato a come si spende in Italia nel settore pubblico, una cifra importante per il Comune, che la finanzia in modo importante, avendo compreso il valore di tutto il progetto.
“Sono io che, insieme agli archeologi della cooperativa Natrix96 – ha sottolineato Flavia Trucco – ho voluto far nascere questa campagna di scavi, portando la nostra professionalità a supporto della cattedra di Andrea Cardarelli. I fondi sono sempre pochi, e questo ci fa soffrire pensando a cosa stiamo ritrovando”.
Il docente ha poi raccontato, con passione, i lavori. “Dagli anni ‘70/80 conosciamo le mura di fortificazione, che si trovano nel luogo più alto, dove oggi sorge la torretta. Il pianoro sottostante era interessato dal villaggio, per un totale di 5 ettari; un abitato vissuto dal XIII secolo a.C. fino al 950, quando venne abbandonato. La vetta come la conosciamo ora è stata creata dall’uomo, con massi, legname e terra. Dopo l’Età del Bronzo questo luogo fu abitato dagli Etruschi, che sul pianoro adorarono Giove Cimino”. Nella zona alta è stato rinvenuto un vasetto zoomorfo, che dimostra il probabile utilizzo di culto del luogo.
Gli archeologi, aiutati dagli studenti, scavano con pazienza in alcune zone prescelte, rintracciano i punti che identificano i passaggi da un’epoca e l’altra e ne prendono i rilievi, al termine della campagna richiudono con la terra prelevata in precedenza e rimandano tutto all’anno seguente. Un vero peccato, perché con maggiori fondi si potrebbe organizzare una campagna continua, che potrebbe diventare attrattiva per il turismo storico e ambientale. Importanti i siti che sono stati rintracciati al momento. Nell’abitato è emersa una vera zona industriale, immediatamente dietro le mura di fortificazione, realizzate per almeno due volte con roccia e legno, poi andato a fuoco, e la terza con rocce. In questa zona si nota a vista d’occhio il terriccio interessato al fuoco, e le fornaci composte da argilla, purtroppo crollate su se stesse. “La grande importanza di questo luogo – ha concluso Cardarelli – è rappresentata dalla sua altezza, la maggiore di tutta l’Etruria, che ne permetteva la vista dai colli romani e toscani, e molto probabilmente ha interessato le battaglie tra Romani ed Etruschi e che ne ha decretato l’abbandono”.
Teresa Pierini