VITERBO – “Una grande emozione suonare qui, vicino casa, con una fantastica reazione del pubblico, è stato tutto veramente unico”: sono le parole del maestro Piovani a pochi minuti dal concerto che lo ha “costretto” ad proporre un doppio bis, con standing ovation e applausi a non finire. E' stanco ma nei suoi occhi si legge la felicità: “E' sempre bello, come in passato all'Unione. Anzi, ora che si riapre ci tengo a dirlo: chiamatemi!” l'appello finale del pianista che umilmente giriamo a chi di dovere.
“La musica è pericolosa” è un concerto speciale, arrivato sul palco di piazza San Lorenzo in modo speciale. L'idea nasce in una sera d'inverno tra le note che accompagnano i clienti dell'Hotel Salus, con Giancarlo Necciari che immagina un sogno: la chiusura di JazzUp sul palco principale di Caffeina, per una notte unica. Dal sogno alla realtà, tra gli applausi di una bellissima serata di inizio luglio.
Il concerto è un viaggio nella storia del cinema va di pari passo con la storia e la carriera di Piovani: “La musica è pericolosa” è un omaggio a Fellini, che la riteneva tale per l'emozione che era capace di far esplodergli dentro.
Per il grande regista riminese le note erano ascoltabili solo sul lavoro, e li diventava maniacale, con ore e ore di ascolto a caccia delle tracce giuste per il film che stava componendo. Piovani ha raccontato l'insistenza con cui volle inserire una sua composizione già edita nel tema di Intervista, era quella giusta e non volle sentire ragioni. Dalle parole alla musica, con il primo film, seguito da Ginger e Fred. Salutato Fellini uno via l'altro Hungry hearts e Speriamo che sia femmina, senza soluzione di continuità e poi il refrain più famoso tra gli appassionati di cinema: quello de Il marchese del Grillo.
Tornano le parole il maestro racconta dell'amore, della bellezza degli incontri, che danno forza e senso alla vita. E' la volta di Orfeo, nei temi Partenope, con la leggenda della sirena, e La danza dei sette veli della perfida Salomè.
Le parole che seguono sono lontane anni, decenni, quando il piccolo Nicola ascolta le prime sonate di Beethoven, comprendendo la differenza con la canzonette ascoltate alla radio. E' l'impatto più grande, quello irruente della musica eterna, che si sviluppa nelle riscritture di Chopin e Debussy, associate alla colonna sonora di Jamòn Jamon di Bigas Luna. Ed è sempre il Nicola bambino, stavolta con ritorno alle origini a Corchiano, durante la festa della Madonna delle Grazie. La colonna sonora di allora era la banda cittadina, che lui ascolta arrivare da lontano, mentre il paese si anima e via via le note prendono forza. La lontananza-vicinanza che proporrà come sigla d'apertura per l'ingresso in scena di Benigni. Come allora il suono allegro di una banda in lontananza avverte lo spettatore che tutto sta per iniziare, sotto gli occhi di Piovani che vede il pubblico sedersi e comprendere che l'inizio è vicino, come la banda della sua infanzia.
Il filone toscano segna la fine dello spettacolo, con tre importanti ricordi: quel 1995 che vide alla luce Quanto t'ho amato, insieme ai parolieri Cerami e Benigni, “costretti” ad accettare come chiusura le parole del musicista “Nell'amore le parole non contano, conta la musica”, in una sorta di rivincita del pentagramma sulle parole. Il secondo ricordo riguarda Mastroianni, fine dicitore di Caminito, canzone famosissima in Argentina, proposta in un film sudamericano e ascoltata durante il concerto, unico momento cantato grazie alla registrazione realizzata con l'attore.
L'ultimo ricordo è legato alle campane che fecero da colonna sonora per i suoi primi venti anni di vita: tre note, Mi Fa Sol, entrare in un cassettino della memoria e tornate vive nella Storia di un impiegato di De Andrè. Suoni celestiali che venivano dalle campane di un convento, finiti in un disco censurato dalla Rai, come racconta Piovani stesso, giovane impiegato della Tv di Stato, costretto a tagliare con un coltellino il solco dei brani ritenuti scomodi. “Inutile dirlo, quelli di De Andrè erano tutto un solco, chissà che avrebbero pensato le suorine del convento che, un giorno la loro melodia sarebbe stata censurata!”.
E' “La vita è bella” la naturale conclusione, mentre sul video scorrono le immagini di Benigni, Nicoletta Braschi e un piccolo Giorgio Cantarini.
E' il momento dei saluti, Piovani cita chi disse “Se non vai in televisione sei inesistente, vi voglio ringraziare per queste meravigliose due ore inesistenti con voi” ironizza, mentre gli applausi tuonano in piazza San Lorenzo, per il maestro e i meravigliosi cinque musicisti che lo hanno accompagnato, Marina Cesari, Pasquale Filastò, Ivan Gambini, Marco Loddo, Rossano Baldini.
Pubblico in piedi, non si finisce senza bis, e la musica torna con “Quanto t'ho amato”. Non basta, applausi a non finire e non si più dire no, il saluto, stavolta reale, sulle note del Marchese del Grillo.
Si accendono le luci, la musica finisce e Piovani saluta il pubblico. Appuntamento a presto, si spera, magari in quel teatro Unione che lo accolse anni fa, sempre tra gli applausi.
Teresa Pierini