Mercoledì 02 Agosto 2017 17:45
ISCHIA DI CASTRO - E' bastato poco, l'adesione alla Fondazione Vulci da parte dell'amministrazione ed è iniziata la nuova vita delle rovine di Castro. Un atto amministrativo, semplice, e l'esperienza ormai consolidata del parco si estende anche ad uno dei luoghi-non luoghi più particolari della provincia.
Un messaggio forte risuonato, nel giorno dell'inaugurazione, dalle parole del presidente della Fondazione, Carmelo Messina: "Stiamo lavorando per coinvolgere i Comuni vicini, anzi sarebbe bello estenderci a tutta l'Etruria. Ischia ha mostrato coraggio e amore per il territorio, come dimostra tutta la gente che è qui. Lo faccio notare a Canino, il loro consigliere è qui, chiedete ai legali di accelerare le pratiche, oggi potete vedere cosa possiamo fare. Stiamo lavorando per coinvolgere i crocieristi che sbarcano a Civitavecchia, serve un pacchetto allettante: ora stiamo offrendo pernottamenti nel B&B, visite nei siti archeologici e nelle aziende, in questo modo possiamo essere competitivi.
Quando ho accettato la presidenza della Fondazione Vulci - ha concluso Messina - ero stato avvertito dal sindaco Caci: sarebbe stata dura abbattere muri e campanilismo, ma ho scelto di farlo perché potevo lavorare con persone di qualità, scelte meritocraticamente".
Il primo cittadino di Ischia, Salvatore Serra, ha accolto queste parole con gioia: "Tanto impegno per realizzare questo, ritenendolo qualcosa di importante per i nostri paesi. Entrando in Fondazione Vulci possiamo farci conoscere e mostrare l'antica Castro. Sembra un punto di arrivo ma vale come punto di partenza".L'accoglienza in "famiglia" Vulci è stata fatta dal sindaco di Montalto, Sergio Caci: "Voglio concentrarmi sulla caratteristica di questi tre uomini al tavolo: quella del fare, dando voce non sono ad un solo Comune ma a tutto il territorio. Complimenti a Serra che è stato più veloce di Canino in questo passo, nonostante Vulci sia territorialmente condivisa proprio con quest'ultimo. Queste sono azioni che permettono di lasciare ai posteri un luogo migliore di come è stato trovato".
Il terzo uomo citato da Caci è il direttore del Parco di Vulci, l'archeologo Carlo Casi, che nel suo intervento ha mostrato tutta la sua gioia: "Oggi non nascondo la soddisfazione, questo territorio ha potenzialità inespresse. Mettiamo insieme due capitali del territorio, Castro e Vulci; inizia così il percorso del Parco di Castro, che per quest'anno sarà aperto a tutti, senza biglietto, con visile libere, e gruppi organizzati accompagnati dalle guide (prenotabili contattando il Parco di Vulci: 0766/870179 - ndr)".
La cerimonia si è conclusa con la visita guidata offerta ai presenti, accompagnati da Antonio. Un foltissimo gruppo ha così ammirato e immaginato quella che era Castro, con i suoi palazzi disegnati dal Sangallo, le mura fortificate, nate come imbattibili ma abbandonate al loro destino, la zecca dove si batteva il "grosso", il duomo, le chiese, il convento francescano.
Sono ormai pochissime le tracce rimaste, massi lasciati all'incuria volutamente da Innocenzo X, che pretese una tale distruzione da non poter mai più edificare. In questi secoli è stata la vegetazione a prendere possesso dei luoghi, rinascendo sulle rovine, lasciando intravedere una civiltà passata ma finita in disgrazia per la lotta tra i Farnese e i Barberini, prima, e i Pamphijli poi, che ne decretarono la fine il 2 settembre del 1649. All'interno è presente anche la tomba della Biga, necropoli etrusca dove è stata ritrovato il reperto esposto con i cavalli mummificati al Museo Nazionale Etrusco, Rocca Albornoz.
Dopo un aperitivo gustato al ritorno dalla visita, lo spettacolo si è spostato verso una delle tombe etrusche che domina la collinetta, lo scorso secolo depretata e ridotta a cava per le costruzioni ottocentesche. Quello che resta è un palcoscenico naturale, dove si sono accomodati Paolo Manganiello e Chiara Palumbo, insieme a Sergio Grasso, in veste di autore teatrale e fine narartore delle sue stesse parole.
Con enfasi e passione Sergio e i due attori hanno accompagnato il pubblico in un viaggio lungo più di duemila anni, dal Rasna, il pastore etrusco che in Castro aveva trovato una vita dignitosa fino alla violenta irruzione dei Romani, per arrivare al destino della Castro rinascimentale, con i suoi colpi papali alla roccia, il sangue, il dolore.
"L'erba di Castro" è un urlo alla luna, un lamento disperato che descrive la violenza umana, la sua capacità distruttuva nata dall'ignoranza e dalla paura del diverso. Un racconto emozionante che Grasso ha donato al pubblico, supportato dalle letture di Paolo Manganiello e Chiara Palumbo, che con le loro voci hanno dato parola agli altri protagonisti. Uno spettacolo che ben si presta alla fruizione nei musei, nelle necropoli, nei luoghi dove la storia del "Rasna" ancora risuona.
Teresa Pierini