CANEPINA - Il Museo delle tradizioni popolari aderisce alla quattordicesima Settimana della Cultura, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, propone sabato 21 aprile, quattro visite guidate agli affreschi del Convento dei Carmelitani, sede del museo, e dell’attigua chiesa di San Michele Arcangelo. I turni di visita sono in programma alle ore 11, 12, 16 e 17.
Sempre il 21 aprile, durante l’orario di apertura del museo (10-13 e 15-18), sarà possibile avere in omaggio una copia dei seguenti libri, fino a esaurimento scorte: Mariarita Mechelli, “I giochi”; Girolamo Sorrentino, “La tessitura”; AA. VV. “Casa e Casale 2. Vignanello”; AA. VV. “Casa e Casale 3. Carbognano, Caprarola, Ronciglione”; AA. VV. “Comunità e dialetto”, Francesco Galli, “I Facchini di Santa Rosa”, AA. VV. “Riti e feste primaverili intorno al Lago di Bolsena”, Francesco Petroselli, “Blasoni Popolari II”.
L’ubicazione del museo nella seicentesca struttura del Convento dei Carmelitani, di proprietà del Comune dopo il 1870, fu voluta dal sindaco Rosato Palozzi e l’allestimento iniziò nel 1986. Con il passare degli anni, la polverizzazione dell’imbiancatura sui muri, gradualmente metteva in luce sempre più grandi macchie di colori e frammenti di forme e di figure. Effettuati gli opportuni saggi, si ebbe la prova che vari affreschi decoravano il chiostro, il salone al piano terra e le pareti che fiancheggiano le scale che portano al primo piano dell’edificio.
L’intero ciclo di pitture murali, che ornano le lunette e i pennacchi del chiostro, è databile tra il 1610 e il 1627 e sono tre i maestri attivi nei tre bracci del chiostro, tutti della scuola di Giuseppe Sebastiani da Macerata, che operava per conto del cardinale Odoardo Farnese, nell’omonimo palazzo della vicina Caprarola. L’espressione artistica e i contenuti sono quelli dettati dal Concilio di Trento, (1545-1563): si dovevano adornare i chiostri dei conventi con le storie dei santi più rappresentativi dei rispettivi ordini monastici; l’iscrizione di didascalie doveva illustrare l’episodio, che, comunque, doveva essere di facile letturam e le singole scene dipinte dovevano mostrare il santo vicino alla gente comune, immerso nei fatti del quotidiano. Altri dipinti emersi sono databili a metà del ‘700 e sono del viterbese Domenico Corvi.